venerdì 14 giugno 2013

MI SONO TRASFERITO!

Cari tutti ho spostato il blog su TUMBLR!

Questo è il nuovo indirizzo segnatevelo:

lostraordinario.tumblr.com

Vi aspetto lì

martedì 11 giugno 2013

ALL'IMPROVVISO BUSSANO ALLA PORTA di Etgar Keret, Feltrinelli Editore.




"All'improvviso bussano alla porta" è l'ultima raccolta di racconti di Etgar Keret edita da Feltrinelli.

Ed è semplicemente straordinaria.

E' uscita nel settembre del 2012 ma Keret è uno di quegli autori che tieni sempre sul comodino. E' un sempreverde.

SEMPREVERDE: autore che nonostante il passare del tempo non smette mai di parlarti e di essere attuale.

Le sue piccole storie quasi sono quasi sempre  velate  metafore della vita quotidiana. Riflettono sulla condizione dell'essere umano  con humor nero, sarcasmo ed ironia.

E' uno di quegli autori che quando lo leggi passi, senza accorgertene, dal riso al pianto. Sa essere struggente come un cioccolatino al rum mangiato a mezzanotte.

Keret riesce ad cogliere impalpabili aspetti della vita e dar loro parola creando situazioni surreali,assurde ed estreme.

Come sempre mi succede ho conosciuto i racconti di Keret facendo il percorso all'inverso. Ho visto prima il suo bel film Meduse (2007) che ha scritto e diretto con la moglie Shira Geffen.




Sì perchè Etgar Keret è la classica persona che quando fa qualcosa gli viene bene. La sua principale attività è quella di scrittore di racconti  a cui però affianca quella di sceneggiatore di graphic novel e serie tv, autore di libri per bambini e di regista cinematografico.

Le sue altre raccolte di racconti in Italia sono state pubblicate da E/O e meritano di essere comprate in blocco.

Sul suo sito trovate alcune audioletture dei suoi ultimi racconti.

Ed un bellissimo cortometraggio tratto dal suo racconto "Cosa abbiamo in tasca?"




Qui il link ad una sua vecchia intervista alla rivista letteraria The Believer.

Etgar Keret è israeliano. Tra le nuove generazioni la sua è sempre stata una voce autorevole sulla questione isralo-palestinese. Interessante è l'operazione letteraria "Gaza Blues" dove insieme allo scrittore palestinese Samir El-Youssef esplora la complessa situazione del conflitto arabo-israeliano mostrandoci gli effetti che il clima di violenza produce nella vita quotidiana dei protagonisti delle loro storie. 

Etgar Keret è proprietario della casa più sottile del mondo e qui vi spiega perché.


mercoledì 5 giugno 2013

CRITERION COLLECTION. COVER ART. ERIC SKILLMAN. PARTE II

Continua il viaggio tra i lavori di Eric Skillmann, Art Director alla Criterion Collection.


The Bad sleep well
by Akira Kurosawa


" The Bad Sleep Well was a fun one. Probably the most minimalist set of designs I’ve ever turned in, especially considering I basically put all my eggs in one basket with this one concept that I latched onto pretty early."

Link agli appunti di Eric.

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Yi Yi
by Eward Yang

"In our initial discussions about the film, producer Curtis Tsui and I both immediately recognized Yang Yang’s penchant for photographing the backs of people’s heads as one of the most potent visual metaphors in the film.Unfortunately, we didn’t have any high-resolution art from the film that represented that idea. So we decided to try to reproduce it."






Link agli appunti di Eric. 

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The Furies
by Anthony Mann

"Since this was the first "real" Western in the Criterion Collection  we felt it was important not to downplay the genre elements. But at the same time, it's a somewhat atypical Western, very dark in tone, so we didn't want to present it as something it's not. The Furies is often referred to as a "noir western," so I decided to try to combine the visual styles of those two genres. Once I found that hook to hang the design on, it was really just a question of execution".


Link agli appunti di Eric.

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Three war films
Andrzej Wajda






 "The Wajda box was kind of a backwards project. Normally with projects like this, we work on the cover first. We get that just the way we want it, and use the look established there to dictate how to ripple out the rest of the packaging. But on this project, we did the opposite. For reasons not worth getting into here, the rest of the design had to be completed before the covers. So I had to build a design that was open enough to work with a cover that didn't yet exist, but still dynamic and interesting, since these are very emotional, dramatic films".


Link agli appunti di Eric.


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Scenes from a marriage
by Ingmar Bergman


"I still dig the way the title and Bergman’s name interlock, though it’s probably overstepping my purview to suggest so strongly that the film represents scenes from Bergman’s marriage. I have no idea what Bergman’s marriage is like; I hope it’s very happy and not particularly like the tumultuous relationship in this film".


Link agli appunti di Eric.


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Hands over the city
by Francesco Rosi

"We wanted to find a way to get Rod Steiger on the cover—he's a recognizable face, after all, and this was kind of a lesser-known film. Luckily, there was an easy way around that, since one of the major motifs in the film is Nottola's campaign posters. The other repeated visual motif in the film is the enormous city planning map in Nottola's office, which is obviously a pretty good way to reference the importance of the city".

Per questo lavoro Eric si avvale della collaborazione dell'artista croato Danijel Zezelj di cui vi consiglio caldamente di andare a vedere i suoi lavori.

 





Link agli appunti di Eric.


FINE PARTE II

venerdì 31 maggio 2013

DALL'ALTO...

Secondo me prima o poi ci arriveremo. Tra tanti anni forse, ma ci arriveremo. Ed io spero di esserci ancora almeno per farmi un giro. L'ho sempre pensato ma devo confessare che un po' mi vergognavo a dirlo, quasi come se fosse un sogno da bambino. Ma ora, dopo aver visto questo sito mi sento autorizzato a parlarne perché c'è già qualcuno che ci sta lavorando.

Questa storia delle macchine volanti mi ha sempre intrigato fin da bambino non tanto per l'idea in sé del volare, che  non amo più di tanto, ma per le inevitabili conseguenze che una conquista del genere porterebbe con sé.

Cambierà tutto: l'approccio alle cose, la prospettiva da cui vedremo il mondo. La percezione di noi stessi. 

Dominando le cose dall'alto ci sentiremo onnipotenti come degli Dei Greci ma infinitamente piccoli. Vedremo tutto con maggior distacco. Saremo più fatalisti ma allo stesso tempo più fragili. 





                                                                             Photo by Klaus Leidorf


Si ridurranno le distanze. Cambierà inevitabilmente il nostro modo di intendere la vita. Il concetto di  famiglia sarà più fluido, mutevole, meno arcaico. Ci si muoverà di più.

Perderemo il concetto di viaggio (ed è una grande perdita) per far spazio al cinico concetto di movimento e spostamento che manca di poesia e guadagna in praticità.

La letteratura di viaggio diventerà un genere per pochi eletti. Da circolo privato. Una lusso per nostalgici.

I confini salteranno e finalmente ci mischieremo come dovrebbe essere stato da tempo. Avremo meno paura l'uno dell'altro,  finalmente le relazioni a distanza funzioneranno  perché il concetto di distanza sarà una carcassa vuota del suo significato. Si farà più all'amore e ci saranno più bambini.

Cambieremo il nome alle cose.

Nembi, cumulonembi e altocumuli faranno parte del linguaggio corrente al pari di una preposizione o di un aggettivo. La meteorologia verrà insegnata nelle scuole al pari della matematica e torneremo ad avere più soggezione e rispetto per la Natura cercandola di capire.

La benzina sparirà e finalmente la si finirà di far stupide guerre. Ci sarà meno inquinamento.

Le nostre città, sviluppate verticalmente, saranno più buie e scure e dal basso dovremo lottare per vedere un frammento di cielo.  Le piante faticheranno a crescere.

All'inizio circoleranno pochi prototipi. Ovviamente l'America sarà prima fra tutti: spavalda e avanguardista. Poi arriveranno da noi.  Un po' come per  i film.

Questa volta però sarò contento così. Mi rassicura l'idea che qualcuno che le abbia collaudate per noi.

Primo fra tutti La comprerà l'industriale brianzolo e poi suo figlio laureato alla Bocconi. E lentamente,  ma neanche troppo, sarà di uso comune. Diventerà indispensabile come tutto ciò che prima non c'era e solo per il fatto che esista non ne possiamo più fare a meno.

E noi genitori impareremo dai nostri figli. Avremo questo privilegio.  Anche se continueremo a preferire la bicicletta, le passeggiate in montagna e i viaggi in treno. Ma ci adegueremo.  Come i nostri genitori hanno fatto con il computer e poi con il cellulare. Prima con diffidenza, poi con rabbia, tenerezza ed infine senza poterne fare a meno.

C'è chi farà carte false per possederne una. Ci saranno mutui e finanziamenti  e le normali quattro ruote diventeranno pezzi da museo per collezionisti.

Ci saranno degli auto raduni di vecchie Fiat  Tempra. Sarà il nuovo vintage. Il vintage dell'orrido.

Le vecchie strade marciranno e fuori dalle città la Natura avrà il sopravvento.

Avremo la testa tra le nuvole. Senza che questo sia un'offesa. Forse lassù ci sentiremo un pò' più vicini a chi non c'è più. Chi lo sa

Io almeno una volta la vorrò  provare.  Andrò fuori a cena con mia moglie a Londra. Partiremo  dal tetto di casa nostra.  Inserirò il pilota automatico come mio figlio mi ha insegnato.  Passeremo sopra la Foresta Nera e poi la Manica e le bianche scogliere di Dover. E da lontano vedremo avvicinarsi le luci della città. Come vedevamo nei film da piccoli.


Blade Runner
by Ridley Scott

Sulla strada del ritorno mia moglie si addormenterà, e rimarrò solo con i miei pensieri.  Penserò a mio padre quando mi insegnò a guidare nel parcheggio di San Siro, con mio fratello piccolo dietro che rideva.

Dall'alto si vedono le cose meglio, con più distacco ma con un'infinita nostalgia.


martedì 28 maggio 2013

CRITERION COLLECTION COVERS ART. ERIC SKILLMAN. Parte I

Voglio cominciare questo viaggio tra le copertine della Criterion Collection mostrandovi i lavori di Eric Skillman.

Eric lavora ormai da 11 anni alla Criterion nell'Art Department dove ha ricoperto diversi ruoli. Ha cominciato come Art Department Manager per poi diventare Graphic Designer ed infine Art Director

I lavori che vi mostro qui di seguito sono i suoi  più significativi che meglio lo rappresentano. Non ci saranno quelli che ha eseguito con la collaborazione di altri graphic designer, illustratori o cartoonist. Quelli verrano messi in una sezione a parte. Abbiate pazienza...

Eric tiene un blog dove spiega approfonditamente le varie fasi di lavoro, le scelte creative, le piste sbagliate.  Purtroppo ha smesso di aggiornarlo. Secondo me perché gli è nato un figlio. Come biasimarlo.

Ho trovato però una sua recente intervista all'interno del podcast radiofonico TMSTIDK (Tell me something that I don't know). Tra l'altro vi consiglio di iscrivervi al podcast perché ci sono altre interessanti interviste, ne pubblicano due al mese.


Berlin Alexanderplatz
by Rayner Werner Fassbinder

"Appropriately for Fassbinder’s fifteen-hour masterpiece, the process of coming up with a design for Berlin Alexanderplatz was epic".

 Link agli appunti di Eric sul lavoro



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Lady Vanishes
by Alfred Hitchcock

Prove di lettering

"The type has no real justification other than a vague period-appropriateness and my great affinity for Chris Ware (in the 3D shadowing), but it really seems to work for whatever reason. Never underestimate gut instinct in design, I say".


Di Chris Ware vi parlerò approfonditamente in una sezione a parte tra qualche settimana...


 Link agli appunti di Eric.


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Blow Out
by Brian De Palma

Questa copertina è un grande esempio di sintesi.  Ogni volta che la osservo mi stupisco di come  questo fotogramma possa contenere tutta l'essenza del film. 
                                             
Qui trovate due vecchi test di prova.

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Stagecoach
by John Ford

"This movie is pure bottled fun. But like a lot of old Westerns, it never got the design it deserved. Especially when they get to DVD, so many classic Westerns just get the "big John Wayne in a cowboy hat headshot" treatment. So I really wanted to try to find a new angle on film westerns, something other than the aged sepia-toned thing that you see so often".



"I remembered some great prints that Josh Cochran showed me, which evoked old tin toy packaging, screen printing, and just plain looked great. And how about those colors! So that sparked some ideas, about how to use negative space and color".


 Link agli appunti di Eric.


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Tokyo Drifter
by Seijun Suzuki















"The movie is slick and just plain cool, so that’s really the main thing we wanted to get across in the design. The way the film uses color and composition is certainly bold and striking, and we definitely wanted to capture something of that feel". 

 Link agli appunti di Eric.



FINE PARTE I


venerdì 24 maggio 2013

CRITERION COLLECTION COVERS ART. Prologo.



MISHIMA: A life in four chapters by Paul Schrader
Art Direction: Sarah Habibi, Neil Kellerhouse.
Vi piace questa copertina? Che cosa provate quando la vedete? Attrazione? Repulsione? Io penso sia perfetta. La desidero. Vorrei terribilmente averla tra le dita, sfogliarla. Sentire l'odore della carta. In poche parole vorrei possederla e poi metterla in bella mostra sulla mia libreria. Collezionarla.

Alla Criterion Collection c'è un Art Department, capitanato da Sarah Habibi, che lavora senza sosta perché tutto questo succeda. Qualità è la parola d'ordine. E la ottengono collaborando con i migliori graphic designer ed illustratori in circolazione. E noi godiamo.

Ciò che è interessante è la filosofia che c'è dietro a tutto questo. Alla Criterion non troverete mai un'impostazione grafica uguale ad un'altra. Ci potranno essere delle similitudini, dei richiami ma mai e poi mai ci sarà una ripetizione, un doppione, perché  ogni film ha una storia a sé ed ogni copertina cerca di esprimerne al meglio l'essenza.

Con le copertine Criterion c'è quasi sempre un prima e un dopo ed  questa è la loro vera scommessa.

PRIMA: sei nel negozio, il tuo occhio cade sulla copertina e ne sei attratto perché è semplicemente bella. Compri il dvd.
DOPO: una volta visto il film la copertina assume un'altro significato. Si passa così da un piano estetico ad uno interpretativo.

Artwork by Criterion cast

Chiaramente questo tipo di lavoro richiede tempo, talento e  sensibilità. A seconda di ciò che il  progetto (film) necessita, gli art director "di casa" decidono se svilupparlo internamente o avvalersi della collaborazione di graphic designer e/o illustratori esterni. Spesso è proprio da queste sinergie che nascono i lavori più interessanti.
Un progetto grafico completo (che comprende copertina, packaging, menù del dvd e booklet) in genere  richiede almeno dai due ai tre mesi di lavoro.

Inevitabilmente con il passare degli anni si è sviluppata un'estetica Criterion dove eleganza e incisività sono gli aggettivi che meglio la definiscono. Una copertina Criterion la si riconosce in mezzo a tante altre. Te la ricordi.
In queste settimane, la notte (di giorno scrivo),  mi sono letteralmente immerso in questo mondo. Ho cercato di capire chi c'è dietro ognuna di  queste piccole opere d'arte.  E' stata una ricerca lunga e faticosa ma che ha dato i suoi frutti. Come sempre succede una volta aperto il "vaso di Pandora" sono stato letteralmente travolto da una quantità enorme di aneddoti ed informazioni. Ci ho messo del tempo a riordinarne il contenuto ma alla fine eccomi qua a condividerlo.

Ogni post tratterà  il lavoro di un' artista diverso.

Un'ultima riflessione prima di incominciare. Mi ha stupito molto la dinamicità del mondo dei graphic designer e sopratutto la voglia di condividere le proprie esperienze. Tutti hanno un loro blog dove parlano apertamente del loro processo creativo senza tanti misteri. Come dissi tempo fa condivisione=crescita. Loro lo hanno capito e ne traggono giovamento. Sarebbe bello che fosse così anche per il mio mestiere ma al momento all'orizzonte vedo solo tanti piccoli orticelli circondati da alte staccionate e sguardi diffidenti.

Nel prossimo post vedremo le copertine di Eric Skillman, graphic designer di Brooklyn, in-house Art Director alla Criterion Collection.


venerdì 17 maggio 2013

MONDO NERD! CRITERION COLLECTION ovvero l'estasi del fanatico di cinema - parte I


Days of Heaven
by Terrence Malick
E' da qualche anno che mi ronza in testa un' idea malsana. Vorrei fare una rapina alla Criterion Collection. Non ne ho mai parlato con nessuno. Solo mia moglie è a conoscenza di questo progetto e mi ha promesso di non dirlo a nessuno. E' tutto già pianificato. Una mattina di queste uscirò di casa  e al posto di portare i mie figli all'asilo andremo tutti insieme a New York. Tommy (il Piccolo) farà il palo in strada mentre Giacomo (il Grande) butterà giù la porta a spallate. Credo fermamente nella valorizzazione e ottimizzazione delle risorse interne alla famiglia, sopratutto in un periodo di grande crisi.

La Criterion Collection è una società  americana di distribuzione home-video. Dal 1984 la sua missione è quella di pubblicare nuovi e vecchi capolavori del cinema mondiale restaurandoli (ora in alta definizione) e arricchendoli con originali contenuti extra. Ogni mese vengono proposti almeno 12 nuovi  film. Alcuni sono delle ri-edizioni in blu-ray, altri delle novità assolute: ormai il catalogo conta circa 931 film da ogni parte del mondo.

L'Italia è rappresentata con 58 titoli dei nostri registi più conosciuti: Fellini, Rossellini, Pasolini, Pontecorvo, De Sica, Monicelli, Bertolucci, Bellocchio, Germi, Antonioni, Rosi, Olmi, Visconti, Lattuada, Cavani. L'unico film degli ultimi 10 anni è Gomorra di Matteo Garrone.

Affianco alla collana Criterion dal 2007 è stata inaugurata una nuova collana Eclipses che raccoglie una selezione di classici perduti o dimenticati ad un prezzo abbordabile.

Il Posto
by Ermanno Olmi
Il mio amore per la Criterion è cominciato anni fa in un video-store di New York dove per caso ho trovato un film di Ermanno Olmi che cercavo da tantissimo tempo e che mai avevo visto prima: Il Posto.

Ciò che mi ha colpito maggiormente oltre alla qualità del video e dell'audio è stata la varietà e la ricchezza dei contenuti speciali. Così sono andato sul sito web, ed è stato allora che ho scoperto  un mondo da cui non avrei più voluto fare ritorno: il mondo Criterion ovvero l'estasi del fanatico di cinema.

LE 4 REGOLE DI MR. CRITERION 

1 Ogni film è presentato nel suo montaggio e formato originale come voluto dal regista.
2 Ogni restaurazione parte dal miglior negativo originale del film trovato in  giro per il mondo.
3 Il processo di digitalizzazione viene seguito da colorist di fiducia in grado di garantire un alto standard qualitativo.
4 Quando possibile vengono coinvolti il regista e il direttore della fotografia affinché il look del film sia il più possibile vicino alle loro intenzioni.

The Great Dictator
by Charlie Chaplin
Quella che la Criterion Collection offre è a tutti gli effetti un'esperienza unica nel panorama dell'home video. Ogni edizione è curata nei minimi particolari dalla copertina al booklet interno. Possedere un dvd Criterion è estasi pura. Sono talmente belli che potrebbero anche funzionare come soprammobili.       

Il sito è fatto molto bene ed è diviso in varie sezioni. Ci sono contenuti interessanti ed inusuali. Ogni film ha una scheda personale con tutti i materiali relativi ad esso: saggi, fotografie, clip e quant'altro. Quella del film The Royal Tenenbaum merita una visita ma vedetene anche altre. 

TOP TEN LIST
Cose da nerd. Personaggi celebri del mondo dell'arte della musica, del fumetto e del cinema stilano una classifica dei loro film preferiti alla Criterion. Guardate le liste di Adam Yauch, Seth, Sonic Youth, Paul Schrader, Nicholas Winding Refn's, Christopher Nolan, Jonathan Lethem, Iron and Wine, Marcel Dzama, Wes Anderson. Ma se non siete soddisfatti  potete registrarvi al sito e fare la vostra top ten.


Hands over the city
by Francesco Rosi
THEMES 
Qui trovate raggruppati diversi film secondo tematiche proposte dallo staff.  Tra le mie preferite ci sono: Noir and Neonoir, New York stories, First Films, Growing Pains. Ciò che è certo è che alla Criterion si fanno delle grandissime canne...
E' sostanzialmente il blog della Criterion dove trovate una summa di tutto ciò  che c'è nel sito diviso per argomenti. 



Le 3  motivazioni per cui Mr Criterion ha scelto di riproporre  proprio quel film. Guardatevi quella di Band of Outsiders!

Personaggi del mondo del cinema vengono invitati nel magazzino della Criterion a scegliersi dei dvd. Tra gli altri Wim Wenders, Guillermo del Toro, Harry Savides's.

Tutta questa qualità la si paga e non poco. I dvd costano dai 30 ai 40$.  Ma alla Criterion sono al passo con i tempi e da un po' di tempo a questa parte hanno stretto accordi con il web (Hulu Plus o I Tunes america) dove potete trovare molti dei loro film in affitto o in vendita. 

Delle  domande però sorgono spontanee. Come è possibile che una realtà così di nicchia riesca a sopravvivere in un mercato così spietato come quello dell'home video? Alla Criterion dove trovano i fondi per mantenere un livello qualitativo così alto? Ci sarà dietro un benefattore? Purtroppo non ho delle risposte ma ciò che è certo lunga vita a Mr Criterion!
                                                     

venerdì 10 maggio 2013

DISTILLATI. L'incredibile storia di un ex burattinaio ebreo sessuomane



IL TEATRO DI SABBATH di Philip Roth. 1996. Einaudi.




Ecco una pregiatissima bottiglia proveniente direttamente dalla mia sezione DISTILLATI.
Mi rendo conto che consigliarvi un libro del grande Philip Roth sia cosa facile e scontata ma tra i suoi titoli che vengono solitamente citati non c'è mai il Teatro di Sabbath. Un libro immenso con un indimenticabile protagonista: Mickey Sabbath.

Io l'ho scoperto per caso una dodici anni fa in una sessione di cazzeggio sfrenato in libreria. All'epoca ancora non avevo letto i grandi capolavori di Roth quindi la mia è stata una scelta dettata dal caso e dalla fortuna. Quando si comprano i libri ci vuole molto culo. Comunque in questo caso, come spesso succede, è stata la copertina ad attirare inizialmente la mia attenzione. Poi dopo aver letto le note  sulla quarta di copertina ho deciso si comprarlo.

Arrivato a casa l'ho messo nella mia libreria. Ed è rimasto lì per dodici lunghi anni. Ogni tanto mi capitava tra le mani, lo sfogliavo. Mi continuavo a ripromettere che lo avrei letto. Nel frattempo divorai  altri libri di Roth finché l'estate scorsa prima di partire per le vacanze l'ho messo in valigia.

L'ho letto in due settimane e mezzo. E mi ha lasciato quella sensazione di pienezza che ti danno i grandi libri. Tornato a casa a Milano me lo sono tenuto per qualche mese sul comodino così giusto per averlo sotto gli occhi.

Se siete incuriositi dal personaggio Philip Roth c'è una bellissima intervista sulla Paris Review!


lunedì 6 maggio 2013

STRAORDINARIO!

Dopo tutto penso che una spiegazione sia doverosa quanto necessaria. Almeno per chi mi legge.

Perché aprire un blog e chiamarlo STRAORDINARIO! ?

Credo fermamente nella condivisione come momento di crescita personale e collettiva. Sopratutto in un periodo in cui il nostro Paese sta precipitando nel baratro più nero.  

Devo ammettere che io per primo sono stato pessimo nel condividere. Ho saccheggiato dagli altri e raramente condiviso.  

Ho sempre pensato che il mio modo di condividere fosse fare film. Ma mi sbagliavo. E' troppo poco. E' una forma un po' stitica di condivisione quella di realizzare un film ogni tre anni. Dunque ho deciso di essere un po' più presente  e di darmi da fare vincendo ogni mia iniziale resistenza. 

In questo più di tutti  mi ha aiutato il post di una ragazza che qualche mese fa ha condiviso sulla sua bacheca le seguenti parole:

"Questa mattina emorroidi a grappoli. Consigli?"

Straordinario.

Da quel momento mi sono sentito più leggero e sopratutto autorizzato in un qualche modo ad aprire le porte non del mio bagno ma di tutto ciò che abitava dentro il mio cervello. Chiaramente l'ho fatto mettendo uno filtro speciale che desse un senso a tutto ciò che vi avrei proposto.   

E questo filtro è STRAORDINARIO! il mio blog. Vorrei che attraverso di esso passassero contenuti al di fuori dall'ordinario e per questo speciali anche nella loro imperfezione. 

Questi contenuti man mano che verranno creati e pubblicati saranno collocati in piccoli cassetti affinché possano poi essere di facile consultazione.

REAL LIFE: Spaccati di vita del cazzone che vi sta scrivendo.
INCONTRI: Incontri con persone straordinarie.
DISTILLATI: Una selezione accurata di libri vecchi e nuovi.
STORIE: Racconti brevi che ho scritto.
NERDISMI: Gli strippi di un nerd. 
LA LISTA DELLA SPESA: Libri comprati nel mese corrente.

STRAORDINARIO! è anche un'esclamazione. Contiene in sé l'ansia, la gioia e lo stupore del condividere.

Concludo con un divertente aneddoto che ho scoperto per caso tanti anni fa e che ancora non avevo condiviso con nessuno ma che forse riassume più di mille parole l'essenza del concetto dello Straordinario e dunque di questo blog. 


Il 4 febbraio del 1912, alle 8.30 del mattino, Franz Reichelt, artigiano tessitore di origine austriaca, tenta di volare con un “vestito paracadute” di sua invenzione, destinato a preservare gli aviatori contro le cadute pericolose, gettandosi dal primo piano della Torre Eiffel. Non planerà e morirà di paura prima di schiantarsi al suolo davanti agli occhi dei giornalisti increduli. Si narra che qualche secondo prima di saltare l'uomo avesse guardato il suo assistente negli occhi sussurrandogli queste parola: "Extraordinaire!"


















martedì 30 aprile 2013

INCONTRO con Stefano Tummolini traduttore del romanzo Stoner


Incontro con Stefano Tummolini
[Regista,sceneggiatore, traduttore]
                                                       
La nostra chiacchierata comincia nel corridoio di un piccolo supermercato del quartiere di Testaccio. Sono le sette di sera. Stefano ha avuto una giornata molto piena ed ha il frigo vuoto. Lo accompagno a fare la spesa. Tra gli scaffali della frutta e della verdura incominciamo a parlare di libri e  di letteratura americana. Amo l’informalità. Mi sento a mio agio. Stefano fa tante cose nella vita ma oggi lo incontro per parlare della bella traduzione che ha curato per conto di Fazi Editore del romanzo  Stoner di John Edward Williams.

Come sei arrivato a Stoner?
E’ Stoner  che è arrivato a me. Lavoro per Fazi Editore da tanti anni e me lo hanno proposto. Non pensavo fosse un libro così speciale. Non l’ho cercato ma  è arrivato.

Che cosa hai provato appena lo hai letto?
Ho pensato fosse bellissimo. Non lo conoscevo prima. Stoner è un libro dimesso per come si presenta al lettore ma con il grande pregio di colpirti dritto al cuore. E’ così profondo e delicato che poi ne rimani completamente soggiogato.

Non ti ha spaventato lidea di tradurre un libro così riuscito?
No, perchè l’ho sentito molto vicino a me. Mi sono identificato nel protagonista e sopratutto nel narratore, il quale con uno sguardo un po’ malinconico  prende atto che la vita spesso è una sconfitta, nonostante  nei rapporti umani si nascondano delle vittorie quasi invisibili ma molto importanti. Trovo bellissimo per esempio il rapporto di Stoner con sua figlia. Pur essendo un rapporto così tragico perché il padre non riesce  ad aiutarla a trovare la sua felicità, tra loro esiste una profonda comprensione, come se reciprocamente fossero gli unici a riuscire a guardarsi veramente l’un l’altro ed ad essere solidali.

Pensi che te lo abbiano proposto perchè hanno intuito che ci potesse essere una certa affinità tra te e J. E. Williams?
Forse sì. Io lavoro da tanto tempo per loro e sanno quali sono le mie corde. E’ Laura Senserini, caporedattrice di Fazi Editore, che prende queste scelte. Ricordo che era un periodo in cui cercavo un libro facile da tradurre. Facendo questo mestiere uno impara presto che a volte conviene tradurre un libro lungo ma poco impegnativo piuttosto che un libro piccolo ma molto difficile, che magari richiede il doppio del lavoro e ti viene pagato la metà. Ma siccome Laura è  furba, prima mi ha fatto credere di affidarmi la traduzione di un libro lungo ma facile, e poi all’ultimo  mi ha “rifilato” Stoner.  Ed ho pensato che anche questa volta mi aveva fregato. Invece ha avuto ragione lei.  Alla fine per quanto ti costi fatica e sacrificio, perché il lavoro del traduttore è abbastanza ingrato sopratutto dal punto di vista economico, se ti capita la fortuna di tradurre un libro così bello e riuscito comunque ne vale la pena. E io devo dire che  mi è capitato veramente poche volte di avere così tanta soddisfazione da un libro. 

E stato difficile restituire la voce dellautore?
Sinceramente  non mi pongo mai questo problema. Dopo un po’ che traduco mi succede sempre una cosa strana, sento di essere come posseduto dall’autore, di diventare come lui. Dopo le prime pagine che sono sempre quelle più faticose in un qualche modo avverto di cominciare a scrivere come lui. Una volta beccata la nota dominante del testo poi è solo una questione di mantenere il ritmo. Perchè la prosa ha un andamento, se si entra in quella cadenza si deve solo fare lo sforzo di trovare l’escamotage in italiano per restituirla. Chiaramente poi le difficoltà cambiano d’autore ad autore. Nel caso di Stoner non ho dovuto fare molto perchè quando un libro è ben scritto non devi fare molto. Secondo me Williams lavorava tanto per avere una prosa apparentemente così semplice. Per lui la lingua era uno strumento non un fine, a lui interessava raccontare gli esseri umani non giocare a sperimentare con le parole e con la costruzione delle frasi. Quindi tutta la fatica se l’era già fatta lui. Io all'inizio per cercare di restituire la bellezza e la pulizia della prosa di Williams facevo delle circonvoluzioni di parole un po’ più complicate della versione originale. E molto spesso mi sono ritrovato a dovere tornare indietro e ad essere più fedele, per accorgermi che funzionava pure in italiano. E’ una cosa strana che non mi era mai successa prima. Perchè quando si traduce se si è veramente aderenti all’originale spesso ci si trova a scrivere uno strano italiano. Nel caso di Williams invece no, sono stato io a fare  due passi avanti e poi  rifarli indietro e verificare di dovere mantenermi più vicino alla sua prosa. E’ stato un po’ come se lui mi avesse preso per mano indicandomi la strada da percorrere.

E stato così anche per Butcher's Crossing, il suo secondo libro?
Anche Butcher's Crossing è un bellissimo romanzo però linguisticamente Stoner è inattaccabile. In Butcher's Crossing sono intervenuto in certi passaggi perché c’erano delle piccole ripetizioni e siccome mi dispiaceva mantenerle nella traduzione allora ho leggermente cambiato il testo. In Stoner questo non l’ho mai dovuto fare anche perchè lui era più maturo come scrittore. Ricordo che la prima pagina di Butcher 's Crossing è stata micidiale da tradurre perché è una descrizione dettagliatissima dell’arrivo in calesse al villaggio del protagonista. C’è una dovizia di particolari nella descrizione del calesse e delle sue finiture che poi è tutta volta a restituire la scomodità e la fatica del viaggio. Era un continuo dover cercare le parole e molto spesso era difficile trovarle perchè erano scomparse dall’inglese contemporaneo.

C’è una qualche parola che ti ha colpito in Stoner?
No. Non c’è una parola in particolare. Ciò che maggiormente mi ha colpito è l’uso che Williams fa degli avverbi. Li usa spesso e con grande precisione.

Quale altro libro che hai tradotto ti ha regalato grandi soddisfazioni al pari di Stoner?
Senza dubbio Nel Bosco (The Woodlanders) di Thomas Hardy, il primo libro che ho tradotto. Era l’unico romanzo di Thomas Hardy che non era ancora stato tradotto in italiano ed era proprio meraviglioso. E’ stato molto più difficile di Stoner perché aveva una prosa lirica che quasi sfiorava la poesia, un linguaggio aulico, difficile anche a livello lessicale. E poi ho dovuto lavorare in fretta perchè era la prima traduzione che facevo per Fazi e mi hanno veramente messo ai lavori forzati! Ho dovuto consegnarla in tempi record perchè intervenivo su una prima stesura di una traduzione che era stata fatta male. Ma piuttosto che sistemare quella sono ripartito da zero, senza avere nemmeno un’altra traduzione italiana di riferimento. Era un vero e proprio  salto nel buio. Dovevo tradurre dieci pagine al giorno e la sera piangevo dalla stanchezza e dalla rabbia: però ciò che stavo facendo era talmente bello che alla fine ancora adesso se mi capita di rileggerlo penso che sia una delle cose più belle che abbia fatto in vita mia. E la stessa cosa, con meno lacrime per fortuna, mi è capitata con Stoner.

C’è una frustrazione nel tradurre?
Sì. A volte pensi che l’originale sia più bello  e che non ce la farai mai a renderlo nella tua lingua. Mi è capitato con Thomas Hardy per esempio. In  The woodlanders c’erano delle descrizioni naturalistiche che erano fantastiche ma talmente vicine alla poesia da essere quasi intraducibili. In quel caso ci provi pur sapendo che la tua traduzione non sarà mai lontanamente la stessa cosa.

Come lavori? Hai un metodo?
All’inizio ero proprio un pazzo, traducevo pagina per pagina senza prima leggere tutto il libro perchè ero convinto che fosse più divertente scoprire  il testo man mano che lo traducevo. Invece adesso prima lo leggo tutto e poi mi metto a tradurre. Nel mio modo di lavorare la prima stesura è quella buona. E’ difficile che lasci una pagina in sospeso, non sono uno che ritorna su quello che ha già fatto. E’ proprio una questione caratteriale. Ritorno solo per perfezionare. Alla fine rileggo tutto prestando attenzione ai passaggi che so essere i più delicati.

C’è una traduzione che ti ha colpito?
La traduzione di Cesare Pavese del Quarantaduesimo parallelo di John Dos Passos è molto bella. Mi viene anche in mente la traduzione che Edoardo Nesi ha fatto con la collaborazione di Villoresi A. e Giua G. di  Infinite Jest  di DavidFoster Wallace per la quantità di lavoro che credo abbia richiesto.

Stai lavorando a qualche nuova traduzione?
Mi hanno appena proposto di tradurre Nothing but the night il primo libro di Williams,  un romanzo breve di ambientazione metropolitana.

Stefano Tummolini (Roma, 1969) è laureato in storia e critica del cinema presso l’Università La Sapienza di Roma e lavora come scrittore, traduttore e film-maker indipendente. Ha collaborato alla sceneggiatura di alcune serie tv (Distretto di polizia, Il bello delle donne, Tutti pazzi per amore) e film per il grande schermo, tra cui Il bagno turco di Ferzan Ozpetek. Ha realizzato vari cortometraggi, tra cui Il tuffatore (1997) e L’orizzonte (2001) presentati al Torino Film Festival e Prova d’attrice (1999) presentato alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro. E’ autore di una monografia su Neil Jordan (Dino Audino Editore, 1996) e di un saggio sul melodramma cinematografico (Lo specchio della vita, Lindau 1999). Ha tradotto testi di autori classici e contemporanei dall’inglese e dallo spagnolo (tra cui Thomas Hardy, Miguel de Unamuno, Gore Vidal, Guillermo Arriaga, John Edward Williams) e ha collaborato come docente di scrittura cinematografica con la Scuola Holden di Torino. Nel 2005, due suoi racconti sono stati pubblicati nella raccolta Men on Men 4 (Oscar Mondadori) e nel 2008 è uscito il suo primo romanzo, La guerra dei sessi (Liberamente Editore). Un altro pianeta, il suo primo lungometraggio, è stato presentato alla 65° Mostra del Cinema di Venezia (sezione “Giornate degli autori”, premio “Queer Lion”) e al Sundance Film Festival (sezione “World drama”). Nel 2009 è stato candidato al Nastro d’argento come miglior regista esordiente.